Sempre più spesso si soffre di coxartrosi, o artrosi dell’anca, frequentemente in età molto giovane.
L'articolazione dell'anca ci permette di camminare, alzarci o sederci da una sedia, andare in bicicletta, guidare l’auto e di svolgere altre attività.
L'anca congiunge l'arto inferiore al tronco ed in particolare l'osso del femore al bacino: la testa del femore, di forma sferica, viene accolta nell'acetabolo, una cavità a forma di coppa posta nel bacino.
L'articolazione dell'anca essendo sottoposta ad una usura costante nel tempo, può consumarsi oltremodo fino alla comparsa dell'artrosi, cioè dell'usura della cartilagine: il tessuto che riveste le estremità ossee che compongono l’articolazione stessa.
La cartilagine articolare consente lo scorrimento delle ossa l’una sull’altra, evitando gli attriti. La membrana sinoviale, che riveste le pareti dell'articolazione, produce un liquido che lubrifica e nutre la cartilagine. Quando la cartilagine si assottiglia, aumentano le frizioni che possono condurre ad un processo infiammatorio locale: questo porta alla formazione di molecole infiammatorie che ulteriormente favoriscono la degenerazione della cartilagine articolare.
Quindi con il termine coxartrosi indichiamo una malattia degenerativa cronica caratterizzata dal cosumo (degenerazione) progressivo ed inesorabile della cartilagine articolare che ricopre le superfici ossee all'interno dell'articolazione.
La progressione della malattia porta ad una disabilità caratterizzata dall’irrigidimento doloroso e progressivo dell’articolazione dell'anca.
Fra le cause che possono accellerare i fisiologici processi d'invecchiamento fino a configurare una vera e propria malattia dell'anca possiamo annoverare l'obesità ed alcuni sport, come la pesistica: in entrambi i casi aumentano i carichi sull'articolazione e quindi gli attriti sulla cartilagine che così si consuma anzitempo. Altri sport come il rugby, la danza, gli sport da contatto possono condurre, soprattutto se iniziati in età adolescenziale, ad una perdita della normale conformazione dei capi ossei dando luogo ad un conflitto femoro/acetabolare prima ed all'instaurarsi di un'artrosi precoce dopo.
Talvolta la coxartrosi è presente gà in età molto giovane a seguito di una displasia dell'anca comparsa alla nascita e non adeguatamente curata. Infine, gli esiti di una grave frattura o le infezioni articolari dell'anca possono deformare la testa del femore e condurre ad una artrosi precoce dell'anca.
Quando si instaura una coxartrosi si verificano delle lesioni della cartilagine articolare che si estendono dalla superficie fino agli strati più profondi verso l'osso sottostante. La cartilagine articolare nel tempo si ammorbidisce e si assottiglia, talvolta si sfoglia. La membrana sinoviale che riveste l'articolazione sarà soggetta a frequenti episodi infiammatori che innescheranno la formazione di proteine di degradazione che accellereranno la degradazione della cartilagine stessa.
Le prime manifestazioni cliniche della coxartrosi sono rappresentate dal dolore avvertito a livello dell’inguine, che si irradia nella regione anteriore della coscia verso il ginocchio. Il dolore aumenta dopo essere stati seduti a lungo magari su un divano basso o al mattino quando ci si risveglia e ci si mette in movimento.
Nelle forme più avanzate compare la difficoltà a camminare, salire le scale, entrare nell'auto.
La diagnosi viene confermata da una radiografia del bacino possibilmente sotto carico al fine di misurare la riduzione della rima articolare ed individuare malformazioni anatomiche (displasia, epifisiolisi, morbo di Paget, osteonecrosi e altro).
La risonanza magnetica è un esame fondamentale per fare diagnosi di osteonecrosi della testa del femore.
Il trattamento della coxartrosi può richiedere terapie diverse a seconda della gravità della malattia nel momento della sua diagnosi.
Infatti, in presenza di una coxartrosi al primo stadio, con sintomatologia lieve, si preferisce orientarsi verso le terapie di tipo conservativo, riservando quelle chirurgiche alle forme di coxartrosi in stadio avanzato.
Fra le terapie conservative, quelle iniettive endoarticolari sono da preferire: i farmaci giungono immediatamente in articolazione con remissione della sintomatologia in maniera più rapida.
L'iniezione endoarticolare di acido ialuronico ad alto peso molecolare garantisce un risultato soddisfacente nelle forme inziali di coxartrosi. L'acido ialuronico, normalmente già presente nelle nostre articolazioni, agisce come una sorta di lubrificante che riduce gli attriti fra il cotile e la testa del femore, garantendo una corretta mobilità dell'articolazione e riducendo il dolore. Per raggiungere l'articolazione è preferibile l'uso dell'amplificatore di brillanza soprattutto nei pazienti con un abbondante pannicolo adiposo.
Un'altra metodica è rappresentata dall'innesto di tessuto adiposo: procedura volta a rigenerare il tessuto cartilagineo che ricopre la testa del femore ed il cotile. Nel nostro corpo esistono alcune cellule che conservano la capacità di rigenerare i tessuti. Trattasi di cellule totipotenti, cioè in grado di differenziarsi e diventare cellule cartilaginee se iniettate in un'articolazione. Queste cellule totipotenti (mesenchimali) attivate sono in grado di rigenerare il tessuto danneggiato con la finalità di ripararlo. L’efficacia di questo meccanismo dipende, tuttavia, dall’effettivo potenziale di rigenerazione dei tessuti stessi, che risulta essere più elevato in casi di degenerazione moderata e può essere molto ridotto nei casi di coxartrosi avanzata. La procedura, eseguita in sala operatoria, richiede un’anestesia locale ed è indolore. Le cellule prelevate con la stessa metodica di una liposuzione (attraverso un piccolo ago in regione sottombelicale) vengono attivate e successivamente iniettate nell'anca facendo uso di un semplice ago da siringa.
Ambedue le metodiche, acido ialuronico o innesto di tessuto adiposo dal grasso addominale, permettono un evidente miglioramento clinico sia del dolore che della funzionalità articolare. Nel secondo caso le cellule mesenchimali iniettate agiscono riparando la cartilagine usurata e favorendo la guarigione del tessuto cartilagineo sofferente. Quest'ultima tecnica è indicata sia nel caso di una grave coxartrosi (l'effetto di viscosupplementazione è maggiore rispetto all'acido ialuronico), ma anche nelle forme iniziali di artrosi al fine di prevenire danni maggiori.
Entrambe le tecniche non rappresentano un’alternativa all’intervento chirurgico, ma una opportunità per ritardarlo sensibilmente nel tempo; invece, nel paziente molto anziano rappresentano l’unica opportunità terapeutica possibile per lenire il dolore .
La terapia chirurgica è rappresentata dall'impianto di una protesi di anca possibilmente per via mini invasiva.
In un'altissima percentuale dei casi i risultati sono ottimi, con la possibilità di condurre una vita quasi normale e di praticare sport leggeri. Le complicazioni si verificano in meno del 2% dei casi: le più frequenti sono la mobilizzazione della protesi, le fratture, le lussazioni.
L'intervento di protesi d'anca consiste nella sostituzione dell'acetabolo e della testa del femore con elementi in titanio, plastica (polietilene), ceramica.
Nei casi di avanzata degenerazione articolare, l’impianto di una protesi di anca permette un recupero articolare completo e rapido. I moderni approcci chirurgici estremamente rispettosi dei muscoli periarticolari (accessi minivasivi) e la scelta di modelli protesici di piccole dimensioni (miniprotesi) consentono al paziente di recuperare in maniera ottimale e veloce in poche settimane.
Parte integrante di questo percorso virtuoso è sicuramente il protocollo “Fast Track” che permette di eliminare le perdite di sangue, ridurre drasticamente il dolore post-operatorio, recuperare la piena articolarità entro le prime 6 ore e poter dimettere il paziente già dopo 3-4 giorni.
Inoltre, attraverso l’adozione di questi protocolli avanzati, è possibile sottoporre il paziente ad impianto di protesi bilaterale di anca.
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